Al Torino Film Festival nella sezione Ritratti e Paesaggi è stato presentato al giorno d’oggi, fuori concorso, il documusical La donna che riapriva i teatri, diretto e sceneggiato da Francesco Ranieri Martinotti e dedicato a Roberta Betti e alla sua straordinaria impresa rischiosa con il spettacolo Politeama Pratese. La vicenda di una donna coraggiosa, tenace e visionaria fondatrice di questo spettacolo affiancata dalla sua socia e compagna di vita Elvira Trentini. Cosa accade esattamente? Roberta Betti, nata a Prato da un muratore e una sarta, si impegnò a creare un comitato cittadino (composto perlopiù da alcune titolari di una piccola impresa di pulizie) per acquistare dalla banca il spettacolo che si trova nel cuore della città e che ancora al giorno d’oggi continua ad avere un cartellone ricco di spettacoli.
Costruito negli anni ’20 per volontà di Bruno Banchini, campione di palla elastica, lo sport più popolare ai tempi che a fine carriera decide, lui che era uno sportivo, di mettere in piedi un spettacolo che tra i suoi progettisti aveva Pierluigi Nervi. Non solo. Sempre Betti riuscì a fermare la speculazione edilizia che voleva trasformare quello stesso spettacolo in un garage, costituendo un comitato cittadino che, tramite una raccolta di fondi, lo riacquistò e lo restituì alla città, rilanciandone nel contempo l’attività teatrale. Al quel salvataggio, come si vede nel film, contribuì anche il giornalista e conduttore tv Maurizio Costanzo. Confluiscono nel filmato di 55 minuti il racconto in prima persona dei protagonisti di quella vicenda che coinvolse enti pubblici e privati cittadini, il tutto raccontato da Drusilla Foer, che conobbe personalmente Roberta Betti e ne fu amica tanto da avere un battesimo artistico proprio al Politeama. Tra le testimonianze quelle di Simona Marchini, Giovanni Caccamo e Franco Godi il cui percorso artistico si lega alla parabola di Roberta Betti ed Elvira Trentini.
“Sono venuto a conoscenza di questa vicenda grazie ad un’amica appassionata di spettacolo – ha detto a Torino il regista Martinotti – e immediatamente ho pensato che in un’epoca in cui la cultura è finanziata prevalentemente da sponsor privati fosse importante raccontare di un spettacolo salvato da comuni cittadini, appassionati di cultura e spettacolo”. Perché La donna che riapriva i teatri è concepito stilisticamente come una favola e inizia con un ‘C’era una volta’? “Perché tutto è talmente assurdo in questa vicenda vera da sembrare una favola. Intanto Bruno Banchini un ‘calciatore del bracciale’, uno sport molto famoso all’epoca, che va in pensione e invece di investire in auto e terreni mette su un spettacolo nel 1924, tra l’altro, una bellissima struttura liberty e poi in quello spazio magico vengono scoperti tanti talenti compreso quello di Drusilla”.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA